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Stalking condominiale – 4 anni di torture.

Dopo 4 anni di torture psicologiche, condannati i vicini di casa. (stalking  condominiale )

A Ronco Scrivia, una coppia con un bimbo appena nato era stata costretta a trasferirsi nel seminterrato. Ora la famiglia verrà risarcita e potrà tornare a vivere nel proprio alloggio  ( Stalking condominiale ) 

Piccole, insistenti, destabilizzanti torture quotidiane. Uscire di casa e sentirsi osservati dalla finestra, la musica rock nel cuore della notte per un risveglio da cuore in gola, ripetuti colpi di bastone alle pareti, la spazzatura gettata dal balcone e quella minaccia che toglie il fiato: «Vostro figlio la pagherà». Per 4 anni due giovani sposi hanno subito persecuzioni e insulti dai vicini di casa. Per sopravvivere a quello stato di angoscia (provato anche dai referti medici) la coppia è stata costretta a trasferirsi in un seminterrato, a limitare i movimenti e azzerare le cene con gli ospiti.

 

Quattro anni di torture psicologiche ( Stalking condominiale ) 

Ora il giudice ha condannato i responsabili di quel martirio psicologico a 4 mesi di reclusione (più il risarcimento danni) con una sentenza storica: si tratta infatti di uno dei primi e rari casi riconosciuti di «stalking condominiale», dove cioè i persecutori non sono il compagno di una vita, né un disperato fan ma la signora della porta accanto e suo figlio, disoccupati e con un unico obiettivo: vendicarsi su quei giovani condomini, farli impazzire, costringerli ad andarsene. Anni da thriller cominciati nel 2012: vittime, Stefano Ansaldi, 39 anni, operaio petrolifero, e la moglie Marina Cerquetti, 41, all’epoca incita di un bimbo (difesi dall’avvocato alessandrino Giuseppe Grosso). Vivono nel loro alloggio di proprietà, a Ronco Scrivia, sull’Appennino ligure, in corso Trento e Trieste 56, secondo piano di uno stabile. Al terzo ci sono Maria Barbieri di 74 anni e il figlio Nivio Bunicci di 40. Al primo, una donna sola che si rivelerà testimone chiave nel processo.

 

L’odio e le vessazioni alimentate da banali pretesti  ( Stalking condominiale ) 

Il detonatore è banale e da copione come nella maggior parte delle liti tra dirimpettai. Il giardinetto di 15 metri quadrati: è della giovane coppia, secondo il contratto, ma madre e figlio lo pretendono. La tensione sale dopo un diverbio sulla canna fumaria. Sono solo pretesti, però, per coltivare l’odio. E l’accanimento verso Stefano e Marina si fa chirurgico: «Dovete andarvene via», «Ve la faremo pagare». E poi i rumori che trapanano le teste dei due sposi, sorvegliati a vista dall’anziana. «Siamo stati costretti a rincasare in orari diversi e a chiedere agli amici di accompagnarci» raccontano le vittime. Alla fine, quando nasce il pupo la paura è troppa: Stefano e Marina ripensano al tragico epilogo del delitto di Erba, partorito proprio da anni di furie tra vicini di casa, e decidono di abbandonare l’alloggio e traslocare nel seminterrato. Si barricano lì sotto. Ma non basta. I due stalker se la prendono con il bimbo: «Ve lo ammazziamo».

 

Gli «scherzi» per farli impazzire ( Stalking condominiale ) 

Un giorno chiamano il 112: «Quel minore è maltrattato: i genitori lo picchiano». Ma non è vero e a loro volta vengono denunciati per procurato allarme: <Intanto però i servizi sociali erano arrivati e io ho rischiato che mi portassero via il figlio> racconta oggi Marina. Un’altra volta mandano a casa della coppia i veterinari dell’Asl: «Hanno un cane tenuto male». Non è vero nemmeno quello. Lo stabile ha un cancello che deve restare chiuso, loro invece lo rompono e lo lasciano aperto: «Così magari il bambino esce e si vedrà che succede se finisce sulla strada…» dicono ancora i due stalker. Buttano bottiglie e scatolette di cibo per gatti dal balcone e dalla cantina riescono a picchiare sui muri della camera da letto sotterranea di Stefano e Marina.

 

La fine dell’incubo ( Stalking condominiale ) 

Un incubo, finito solo l’altro giorno, al tribunale di Genova. Il giudice Luca Staricco ha confermato lo stalking condominiale. Commenta l’avvocato Grosso: «E’ una sentenza apripista: è stato riconosciuto il perdurante e grave stato d’ansia e terrore causato ai miei assistiti. Determinante il fatto che siano stati costretti ad alterare le proprie abitudini di vita e addirittura a trasferirsi per colpa dei vicini di casa». E mamma Marina tira il fiato: «Finalmente potrò riavere la mia vita e il mio alloggio».

( Stalking condominiale ) La STAMPA